Más allá de Gutenberg
Más allá de Gutenberg,
más allá de Dublín,
túnel de adoquines de esa ciudad
Más allá de Santander
22-07-2009 (foto V-M) |
AL DI LÀ DI GUTENBERG
Sto tornando a casa dopo un giorno molto impegnativo, in cui non ho mai smesso di rispondere e rispondere – sempre con la stessa risposta, memorizzata a perfezione, pronunciata in modo meccanico – alle domande dei giornalisti sul futuro del libro stampato. Me lo merito per aver scritto un romanzo che tratta del passaggio da Gutenberg a Google. Durante il giorno, mi sono chiesto varie volte che ne sarebbe stato di Kafka se avesse dovuto rispondere a mille interviste perché aveva raccontato che Gregor Samsa un giorno si ritrovò nel suo letto trasformato in un mostruoso insetto, con una schiena dura come un guscio e un ventre bombato. Mi immagino Kafka che si sentiva fare mille volte la stessa domanda:
-Lei è un insetto?
-Come, scusi?
Oggi c’è stato un momento terribile in cui, sicuramente a causa della stanchezza, invece di chiedermi riguardo il futuro del libro stampato si interessavano al futuro dell’insetto. Fortunatamente, ero già all’ultima intervista.
-Vede il libro stampato come se fosse già un volgare insetto? – ho chiesto allarmato.
Ricordo che da questo momento, contagiato da questa insistenza petulante delle domande sullo stesso tema – ossia su Gutenberg e su Google, e dai e ridai, tutto il tempo così, andando e venendo da Google a Gutenberg e da Gutenberg a Google – ho iniziato a vedere davvero il libro stampato come se fosse un volgare scarafaggio ripugnante che finirà coll’interessare solo i collezionisti di carta vecchia e sporca, ossia, la gente malata e fissata in questa variante orribile del male di Diogene, che è quello di avere delle librerie.
Sto tornando felicemente a casa. Lo faccio a piedi e in questo momento sto camminando per una strada deserta, male illuminata. Se non fosse che sono di fianco a casa mia e che la conosco molto bene, penserei che è una strada pericolosa. Cammino con passo stanco e penso ossessivamente a quello che oggi ho risposto a tutti quelli che mi hanno intervistato: “Non c’è alcun motivo di allarmarsi per l’irruzione del mondo digitale nella letteratura perché tra Gutenberg e Google non c’è una rottura ma una continuità. La cosa allarmante sarebbe se scomparisse il linguaggio, il pensiero, la narrativa”.
È stata particolarmente faticosa la perorazione dell’ultima intervistatore perché si è impegnato nel voler farmi notare che non c’è certezza che non ci sia rottura tra Gutenberg e Google. Basta con l’osservare, mi diceva, quanto risulti impossibile citare da un libro digitale la pagine in cui si trova una frase che ci ha particolarmente colpiti. Si può, mi diceva, citare la pagina se il libro è già in formato pdf che riproduce perfettamente l’impaginazione del volume su carta, ma, se invece, si cerca di adattare nel carattere e nella grandezza delle lettere, le pagine non hanno più la stessa posizione e tutto va di conseguenza, quindi non si può citare, se non si dice: per uno schermo di tale grandezza e il tipo di carattere usato, la grandezza scelta, ma questo sarebbe davvero assurdo...
Non so cosa sia successo, forse è stato il momento in cui si è accumulata tutta la stanchezza del giorno in cui mi era stato chiesto solo di Gutenberg e Google, ma la cosa certa è che queste parole mi hanno pizzicato con una certa brutalità la mente e sto arrivando ora a casa non solo stanco, ma con la mia testa anche pizzicata da queste parole dell’ultimo intervistatore, in special modo da una di queste, dalla parola – non so se è questo tale – pdf.
Pdf è una parola? Sto diventando matto? Anche questa è un’ottima domanda. Non so se quando arriverò a casa sarò in grado di dormire. Tutto mi gira intorno, come se quelle pizzicate arrivassero da una trottola che fosse a volte punzone a volte un mostruoso insetto e questo insetto fosse, inoltre, il futuro del libro. Qualcosa mi dice che qui dentro – nella testa, pizzicata più volte e pronta a scoppiare – che in realtà la produzione e la distribuzione dei libri migrerà verso il ciberspazio e lo schermo rimpiazzerà la parola scritta sulla carta e che ci sarà una rottura per quanto io cerchi di non crederci e sostenga il contrario. Sono disfatto. Sono – perdonatemi – molto pdf. Ci sarà la rottura, certo che ci sarà. Forse è questo quello che accadrà. Ma la cosa peggiore è che non sono ancora arrivato a casa e già vedo solo scarafaggi che sembrano grossolani attori comici impegnati in un dramma molto serio. Il dramma è il mio. Io sono lo scarafaggio principale.
–Perché lei dice che è un mostruoso insetto, con una schiena dura come un guscio e un ventre bombato? – mi immagino che mi chiede uno sconosciuto prima di svoltare l’angolo che è al lato della mia casa.
Sono in pericolo? Lo è anche il libro stampato? Ho paura di qualcosa?
– Crede che scompariranno i libri stampati e andremo verso un mondo completamente digitale? –immagino che mi chieda l’accompagnante sconosciuto.
È come se fossero gli ultimi due intervistatori del giorno. La testa mi gira. Se almeno avessi paura. Ma ora mi sembra che il vicolo sia persino illuminato e apposto. Sarò morto per colpa del problema tra Gutenberg e Google? Il vicolo mi sembra sempre più vivido, come se fossi arrivato all’altro Mondo. Luce dell’al di là.
–Oggi non rispondo ad altre domande – dico –. Come direbbe Shakespeare, Gutenberg è Gutenberg e Google è Google. Capito? Ora mi perdonino, ma sono in pdf.
Giro l’angolo e lascio dietro di me gli intervistatori e, nell’entrare in casa, vedo che nelle mie chiavi c’è scritto il futuro del libro. È così orribile quello che leggo nelle mie chiavi che non so se tacerlo. Da ora in poi , se qualcuno mi chiede qualcosa sul futuro del libro stampato, tacerò pietosamente, come un morto. Non è piacevole sapere che non sopravvivrà neppure Google e che più in là dell’era digitale ci aspetta il terribile Eyjafjallajökull, il centro di Difuclyatd, lì dove si ode il permanente e inconfondibile gluglu di un prosciugamento.
ENRIQUE VILA-MATAS
(Sagarana. Rivista Letteraria Trimestrale. Luglio 2010. N° 40) |